Le Inchieste - Diario d'informazione
civile a cura di Carlo Ruta
Barbara, ragazza dell'est europeo, vessata,
stuprata, minacciata di morte. Ha denunziato tutto, ma rimane pericolosamente
sola. Si faccia qualcosa, prima che sia tardi!
Barbara Nowek è una cittadina polacca
di 28 anni, che, come tante altre, è venuta nel nostro paese
per cercare lavoro, costretta dalle difficoltà economiche
in cui versa la sua famiglia. E' sposata e madre di una bambina.
E' arrivata in Sicilia, a Ragusa, con tante speranze, ma ha fatto
presto a disilludersi. Come tante altre, nella nostra Europa "civilissima",
ha subìto infatti con continuità offese e umiliazioni.
In ultimo è stata stuprata e ha ricevuto minacce di morte.
E tutto questo l'ha prostrata. Adesso, non potendo più lavorare,
trascorre le sue giornate "barricata" in casa, ospite
di un amico, Marco, che si è preso cura di lei. Barbara ha
avuto il coraggio di presentare denunzia presso i carabinieri di
Modica, reclamando giustizia, manca però di ogni tutela.
Chiede quindi aiuto, ed è auspicabile che la sua testimonianza,
che viene proposta di seguito, riesca a giungere a sedi della società
civile che possano occuparsi del suo caso. Per ragioni di sicurezza
non può essere esposto il numero del suo cellulare. Chi intende
contattarla può farlo comunque scrivendole al seguente indirizzo
email: sos.barbara@tiscali.it
Mi dica qualcosa di lei.
Mi chiamo Barbara Nowek, ho 28 anni, sono originaria
della Polonia, e sono venuta in Italia per potere mantenere la mia
bambina e mio marito, che ho lasciato in Polonia.
Può raccontarmi perché è
venuta in Italia?
Prima di venire in Italia abitavo vicino Kielce
con mio marito Mariusz e mia figlia Wiktoria di 6 anni, lavoravo
in un pollaio, mi alzavo alle 4 di mattina per andare al lavoro
in bicicletta, guadagnavo 400zl al mese, circa 100euro. Con questi
soldi dovevo mantenere mio marito, che non riusciva a trovare lavoro
e la mia bambina. Questi soldi non potevano bastare, anche perché
avevamo dei debiti, e quindi ho deciso di andare all'estero.
Come è arrivata in provincia di Ragusa?
Mi sono rivolta ad un vicino che mi ha dato
il numero di un certo Marco, da cui erano già andate sua
figlia e sua sorella, assicurandomi che era una persona affidabile.
Marco è venuto a prendermi alla stazione, e mi ha portato
da una famiglia di Ragusa. Dovevo assistere un uomo di circa 80
anni seduto sulla sedia a rotelle, a Ragusa in via Generale Scrofani.
Non mi hanno voluta, perchè non sapevo parlare italiano e
perché ero troppo magra e piccola per potere sollevare il
vecchietto.
E come ha fatto, senza lavoro e senza conoscere
la lingua italiana?
Ho avuto paura che sarei dovuta tornare in
Polonia. Invece il signor Marco mi ha portata a casa sua, a Modica,
dove mi ha ospitata, e insieme alla sua ragazza, mi hanno insegnato
un poco di italiano, a cucinare, insomma mi hanno trattata bene.
Ha poi trovato un lavoro?
Dopo una settimana Marco mi ha trovato un lavoro
a Ragusa, dalla signora Maria S., in via Generale Scrofani. Lì
sono rimasta dal fino al marzo 2004. Per un mese sono andata in
Polonia, ho finito tutti i soldi guadagnati, e sono dovuta tornare
dalla signora Maria S..
Come si è trovata in questo posto
di lavoro?
Era il mio primo lavoro, non potevo fare confronti.
Mi pagavano 520 euro al mese, da mangiare non compravano quasi niente,
compravo quasi tutto con i soldi che guadagnavo, anche alla vecchietta
davo quello che compravo con i miei soldi. Non avevo libera uscita,
solo mezz'ora al giorno se la vecchietta dormiva.
E' mai stata molestata da qualcuno?
Durante la permanenza a Ragusa, sono stata
moltissime volte molestata dal dottore della signora, G. C., che
con la scusa di visitare la signora, veniva quasi ogni giorno, anche
di domenica, e dal figlio della signora G. A..
Può raccontarci qualche episodio
in particolare?
Il dottore, per due volte, mi attirò
con una scusa nell'ambulatorio, e dopo aver chiuso la porta, mi
chiedeva ripetutamente di prenderglielo in bocca. Gli ho sempre
detto di no, lui insisteva, diceva che ero cattiva perché
lui mi dava le medicine e io non volevo aiutarlo. Il figlio della
signora, invece, mi chiedeva di baciarlo e mi proponeva rapporti
sessuali, e io dicevo sempre di no. Ma solo a parole, né
il dottore, né il figlio mi hanno mai usato violenza. nè
mi hanno minacciata. Una volta, nell'ottobre 2004, mi è anche
capitato che un meccanico di nome Enzo, che aveva una polacca amica
mia ad assistere la mamma, polacca che lui molestava in continuazione,
mi ha invitata nella sua officina di sera per ripararmi il motorino,
mi ha chiusa dentro, e mi ha ripetutamente proposto atti sessuali,
facendomi vedere una videocassetta pornografica. Ma vedendo il mio
rifiuto mi ha infine aperto.
A parte questi episodi, ha subito altro?
Certamente, capitava spesso che sconosciuti
mi abbordavano per strada invitandomi ad andare con loro, capitava
che sconosciuti telefonassero per conoscermi e invitarmi..., ma
tutto questo è normale, capita a tutte noi straniere.
Cosa pensa di questa situazione, cioè
delle molestie?
Le altre polacche mi spiegavano che è
così in tutti i lavori, che in Sicilia è normale che
qualcuno molesti le polacche, che in ogni casa c'è o il vecchio
stesso, o un figlio, un nipote, un genero, un parente, un amico,
un dottore, un infermiere, un vicino, sempre c'è qualcuno
che fa proposte sessuali, che dovevo accettare questa situazione
e dovevo imparare a difendermi, e se la situazione diventava pericolosa
dovevo immediatamente rivolgermi a Marco che poteva parlare con
loro o anche cambiarmi lavoro.
Fino a quando ha lavorato a Ragusa?
Il 6 novembre 2004 hanno arrestato Marco, il
signore che mi ha trovato il lavoro, non ho capito per quale motivo,
e a me hanno ritirato i documenti. Così il figlio della signora
Maria S., il 10 novembre 2004, mi ha buttata fuori. Senza lavoro,
senza documenti, senza famiglia, senza amici, senza nessuno, non
sapevo cosa fare. Tutte le polacche che prima venivano a trovarmi
sono sparite, nessuno voleva aiutarmi, nessuno mi voleva al lavoro,
in Polonia non potevo tornare perchè non avevo i documenti,
per l'albergo non avevo soldi.
E come ha fatto, senza casa e senza potere
tornare in Polonia?
Mi ha aiutata la ragazza di Marco. Mi ha portata
a casa sua, mi ha pagato da mangiare, mi ha dato per qualche settimana
il suo posto di lavoro, per farmi guadagnare qualcosa per mandare
alla mia bambina.
Ha poi trovato un altro lavoro?
A gennaio del 2005 ho trovato lavoro da una
zia di Marco, M. S. a Ragusa in via Natalelli. Dopo meno di tre
mesi mi sono ammalata, non potevo più continuare a lavorare.
Allora, a fine marzo del 2005 mi sono licenziata e nuovamente sono
tornata da Marco che mi ha ospitata, mi ha portata dal dottore,
mi ha comprato le medicine.
Come mai non si è occupata la datrice
di lavoro, della sua malattia?
Io lavoravo in nero, se stavo male dovevo lavorare
lo stesso, e il lavoro era molto perché dovevo pulire due
grandi appartamenti, andare in giro per le spese, portare il cane
a passeggio. Ho lavorato anche con la febbre alta. Ma in ultimo
non potevo più muovermi, dovevo andar via.
Come è finita a lavorare a Modica?
Dopo 14 giorni di riposo, ospite in casa del
signor Marco, questi mi ha detto che aveva trovato un lavoro leggero,
adatto per me che ormai ero in scarse condizioni, a Modica, vicino
casa sua.
Può raccontarci qualcosa su questo
nuovo lavoro?
L'11 aprile 2005, sono andata ad accudire il
sig. G. P. in via Sacro Cuore a Modica. Si trattava di un uomo circa
82 anni, allettato, con il catetere e la flebo. Nella casa non c'erano
mobili, non c'era cucina, non c'era frigorifero. Nella stanza in
cui dormiva il vecchietto c'era un altro letto in cui ho saputo
che dormiva il figlio, E. P. di circa 60 anni. Veniva una signora
per lavare l'anziano e due infermieri per curarlo. Il figlio E.
P. con la moglie S. F. abitavano nell'appartamento accanto, sullo
stesso piano. Il mangiare lo preparava la moglie S. F.. Di notte
il figlio dormiva con il vecchietto.
Ma allora lei cosa ci stava a fare, qual
era il suo ruolo?
Io non capivo per cosa ero necessaria: non
dovevo lavare il vecchietto, non dovevo lavare i panni, non dovevo
assisterlo di notte, non dovevo cucinare, a mangiare gli dava il
figlio, insomma non ho capito perché volevano una polacca.
Ho anche chiesto se potevo venire solo di giorno, vedendo che la
notte non ero necessaria. Il figlio E. P. mi ha risposto che così
si sentiva più sicuro e che dovevo restare anche di notte.
Non le sembrava un po' strana questa situazione?
Tutto mi sembrava strano, ma Marco mi ha rassicurato
dicendo che non poteva succedere niente perché lui aveva
raccomandato a E. P. di comportarsi bene, e perché accanto
c'era la moglie S. F..
Come si comportava questo signore, cioè
il figlio dell'anziano?
Fin dal primo giorno voleva sempre parlare
con me, mi faceva strani discorsi, diceva che ero una donna speciale,
che ero buona, che avrebbe voluto una moglie come me, che la sua
donna non valeva niente, che solo voleva soldi e non voleva sapere
niente di aiutare con il padre. Nei giorni successivi ha anche incominciato
a dire che gli piaceva come mi muovevo, come mi vestivo, che ero
molto sexy.
Si è confidata con qualcuno?
Ero preoccupata, l'ho detto a Marco, gli ho
chiesto di cambiarmi lavoro, ma lui mi diceva che il signor E. P.
non poteva fare niente. Ho comunque riferito quanto accadeva anche
ad altre persone.
Lei ha avuto paura di questo signore?
Io dormivo in una stanza a parte, diversa da
quella in cui dormivano il vecchietto G. P. e il figlio E. P., mi
chiudevo sempre a chiave, non uscivo mai per andare in bagno, perchè
avevo paura di lui. Quell'uomo vecchio, enorme, brutto, con i suoi
modi di fare falsi, modi che avevo già visto in altre persone
che volevano portarmi a letto, mi faceva molta paura.
In che condizioni psichiche lei si trovava
in quel momento della sua vita?
Io ero psicologicamente distrutta, per l'arresto
di Marco e di un suo amico pure di nome Marco, e perché avevano
accusato anche me e la ragazza di Marco, Anita, per associazione
a delinquere, perché ero rimasta senza lavoro e senza soldi,
avevo paura di tutti e di tutto, non avevo più nessuna amica
perché tutte si erano allontanate dopo l'arresto di Marco.
Avevo bisogno di lavorare perché avevo ancora debiti da pagare
e dovevo spedire ogni mese i soldi per la mia bambina. La notte
non riuscivo a dormire per la paura che mi venisse a bussare, perché
lui era sveglio, perché il vecchietto chiamava in continuazione
di notte per essere portato in bagno, e avevo paura che mi chiamasse
per essere aiutato. Ho anche notato che la notte, dopo cena, chiudeva
la porta di ingresso a chiave, lasciando la chiave nella serratura,
forse per impedire che la moglie potesse aprire con la sua chiave.
Quell'uomo si è limitato alle parole
come gli altri, oppure è andato oltre?
E' successo, una notte, nella seconda metà
di aprile 2005, che mi sono sentita male, ho avuto mal di pancia,
e ho avuto bisogno di andare in bagno. Quella notte, per riuscire
a dormire, avevo preso due compresse di Oxazepam da 10mg, farmaco
che avevo portato dalla Polonia e che mi era stato prescritto dal
mio medico. Alle 3 circa, ho aperto la porta che era come sempre
chiusa a chiave, sono uscita e sono andata in bagno. Ho cercato
di fare pianissimo per paura di farlo svegliare. Quando sono uscita
dal bagno, ho trovato E. P. nel corridoio che mi aspettava. Mi ha
presa per le braccia con la forza, lui era fortissimo, grossissimo,
io ero debolissima, per il sonno, per il malore, per le pillole.
Con la forza, contro la mia resistenza, mi ha spinta verso la mia
stanza. Con la forza mi ha fatto delle cose orribili che preferisco
non raccontare, che non riesco a raccontare.
Come si è comportato nei giorni successivi?
Il giorno dopo quell'uomo mi ha gravemente
minacciata per dissuadermi dal raccontare quello che era successo.
Si è rivolta a qualcuno?
Quel giorno, dopo pranzo, sono andata come
al solito a casa di Marco, con il motorino che questi mi aveva prestato.
Lì lavorava una ragazza di 22 anni di nome Emilia che conoscevo
da quasi due mesi. Emilia ha visto che ero strana, che non parlavo,
che mi tremavano le mani, allora ha domandato con insistenza cosa
era successo. Io mi sono messa a piangere, e dopo che mi ha giurato
di non dire niente a nessuno, le ho raccontato che ero stata violentata
da E. P., che ero stata minacciata, che non potevo dire niente a
nessuno, e le ho chiesto di aiutarmi, di consigliarmi. Così
mi ha consigliato di dire che mia figlia sta male, che ha bisogno
della mamma e che devo perciò tornare in Polonia.
Ha seguito il consiglio della sua amica?
Sì, il pomeriggio, ho detto al signor
E. P. che dovevo andare in Polonia al più presto perché
mia figlia si era ammalata e cercava sua mamma. Per non farlo arrabbiare
gli ho detto che sarei tornata dopo due settimane e che avrei pregato
Marco di dargli un'altra persona in sostituzione. Così lui
ha telefonato a Marco ed è andato a prendere una ragazza
di circa 25 anni di nome Alicja, che doveva stare insieme a me fino
alla mia partenza, cioè fino alla domenica 1 maggio.
Come si è comportato questo signore
fino alla sua partenza?
Da quando ho detto che dovevo partire, E. P.
dalle minacce era passato alle promesse. Prometteva che, se lasciavo
mio marito, avrebbe mandato via la sua donna, mi avrebbe sposata,
avrebbe venduto tutto e sarebbe venuto a vivere con me e mia figlia
in Polonia. Prometteva che se non volevo lasciare mio marito, potevo
farlo venire insieme alla bambina e ci avrebbe ospitati nella casa
di campagna, dove avremmo lavorato entrambi, che ci avrebbe fatto
il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro. Diceva che ci
regalava un'automobile, per me e mio marito, che mi avrebbe fatto
prendere la patente. Anche ripeteva che quello che aveva fatto era
stato uno sbaglio, che si era lasciato prendere dall'eccitazione,
che non l'avrebbe fatto mai più. Comunque da quando lavoravo
insieme con Alicja, E. P. non ha avuto più possibilità
di usarmi violenza. Infatti io dormivo chiusa nella mia stanza,
Alicja dormiva con il vecchietto, e E. P. dormiva nell'altro appartamento
con la moglie. Di giorno io stavo sempre vicino a Alicja.
In totale, quanti giorni ha lavorato in
casa di quest'uomo?
Diciannove giorni, e il primo di maggio sono
andata via da questo inferno.
Ha avuto contatti con quest'uomo, mentre
era in Polonia?
E. P. ha continuato a chiamarmi in Polonia,
a casa di mio padre e al cellulare, perché ho fatto lo sbaglio
di dargli i numeri prima che mi violentasse. Continuava a fare le
solite promesse, e io per non irritarlo, gli promettevo che sarei
tornata da lui.
Quando è ritornata in Italia, e dove
è andata?
All'inizio di giugno, sono partita per andare
a lavorare in una città vicino Palermo. Questo lavoro mi
è stato trovato da una amica di mia cognata, perché
non volevo che qualcuno sapesse cosa era successo. Purtroppo è
andata male. Era un lavoro in un pub, fino alle 3 di notte, era
pieno di uomini che mi mettevano paura. Abitavo in una casa in affitto,
con l'altra polacca che lavorava in quel pub. Questa polacca portava
uomini a casa di notte, uomini che invitavano anche me a stare in
loro compagnia. Avevo paura, quella situazione non mi piaceva. Ero
anche stata ingannata, mi avevano promesso prima di partire che
avrei guadagnato 650 euro al mese, ma quando sono arrivata mi hanno
detto che potevano pagare solo 400 euro al mese e dovevo con questi
soldi pagarmi l'affitto e il mangiare. Ho deciso di andare via e,
non avendo scelta, ho telefonato a Marco pregandolo di aiutarmi.
Avevo lavorato quasi due settimane e non mi hanno pagato nulla,
dicendo che per me avevano pagato all'intermediaria 250 euro, e
che perciò non mi spettava nulla. Avevo solo 20 euro, che
mi bastavano appena per arrivare a Modica. Dovevo lavorare, non
potevo tornare in Polonia senza niente. Così ho preso da
Palermo l'autobus diretto per Modica.
Così lei è ritornata a Modica,
da Marco?
A metà giugno sono arrivata a Modica
alla stazione degli autobus dove Marco è venuto a prendermi.
Gli ho subito detto che avevo paura e che stavo troppo male per
andare subito a lavorare, e gli ho chiesto di ospitarmi finché
non mi sarei sentita meglio. Anche lui, vedendo in che condizioni
ero, magra, tremante, con una tosse insistente, ha detto che nessuno
mi avrebbe preso al lavoro, che sembravo una malata di anoressia.
Così mi ha ospitata nella sua casa di campagna, insieme alle
altre due donne che già lavoravano nella sua proprietà.
E il signor E. P. sapeva che lei era tornata
a Modica e che si trovava da Marco?
Sicuramente, perché di pomeriggio veniva
a fare visita alle polacche che lavoravano da Marco, Alicja, la
ragazza che lavorava da E. P.. Veniva con una bicicletta che le
era stata prestata da Marco. Sicuramente lei lo informava di tutto.
E' successo qualcosa mentre lei si trovava
ospite di Marco?
Un sabato sera, circa 10 giorni dal mio arrivo
a Modica, io, la ragazza di Marco, e Marco stesso, uscivamo dal
supermercato, dopo avere fatto delle compere. Il supermercato si
trova nello stesso stabile, in via Sacro Cuore, in cui abita E.
P.. Quando siamo usciti insieme, io e la ragazza di Marco ci siamo
dirette verso lo scooter di lei, e Marco verso il suo ciclomotore.
Abbiamo visto che, ad aspettarlo, c'era E. P. appoggiato alla parete
accanto al motorino. Marco non si è accorto di lui, ha appeso
il sacchetto al manubrio, quando E. P. l'ha aggredito iniziando
a picchiarlo. A questo punto, io e Anita abbiamo chiesto aiuto alle
molte persone presenti e siamo andate via terrorizzate. Ho poi saputo
che E. P. aveva fratturato una mano a Marco. Dopo pochi minuti che
eravamo partite, Marco ha telefonato al cellulare di Anita invitandoci
a tornare, perchè era arrivata la Polizia. Così siamo
tornate sul posto. Appena arrivate, l'E. P. non c'era più.
C'era invece la moglie che parlando e gridando ai presenti diceva
"Marco e Barbara sono due delinquenti, ci ricattano per estorcerci
dei soldi".
Come faceva E. P. a sapere che il Marco
sarebbe andato a fare la spesa?
Non poteva saperlo, perché il Marco
non ha abitudini e raramente va a fare la spesa. Sicuramente E.
P. e la moglie hanno tenuto sotto controllo il parcheggio per tutto
il pomeriggio, dal balcone, e forse per diversi giorni.
Secondo lei perché E.P. ha fatto
questo?
Penso per spaventarci, per fare capire che
non scherza, per non farmi denunciare l'accaduto. E ha aggredito
Marco in pubblico, incurante della presenza di numerose persone.
Dopo questo grave episodio, Marco si era insospettito e ha incominciato
a farmi domande, sul perché E. P. poteva avere fatto una
cosa del genere. A questo punto ho dovuto raccontargli cosa era
successo. Mi sono decisa anche per un altro motivo. Verso la metà
di giugno, mentre ero ospite da Marco, chiamando a casa da mio padre,
ho saputo che qualcuno stava cercando in quale scuola materna andava
la mia bambina, che qualcuno aveva telefonato alla direttrice della
scuola materna, quella frequentata da mia figlia, e faceva domande
su di me e sulla bambina. E per questo ho avuto molta paura, perchè
ho subito ricordato le minacce proferite da E. P. dopo che ha abusato
di me sessualmente.
C'è stato qualche altro episodio,
successivo a quest'ultimo, e collegato alla vicenda?
Il giorno successivo all'aggressione, di notte,
si è presentato a casa di Marco un signore, con la scusa
che aveva bisogno di una badante per il padre. In realtà,
appena arrivato, ha detto che era un amico di E. P., e Marco mi
ha subito fatta chiamare. Era un uomo enorme, forse 130kg o più,
che può avere intorno a 35 anni, che avevo visto in casa
di E. P. alcune volte, che si chiamava Michele, e che mi faceva
paura. E in questa occasione, ha minacciato me e Marco per dissuadermi
dal denunciare l'accaduto.
Quali erano, secondo lei, le intenzioni
di E. P.?
Ripeto che fin dal primo giorno di lavoro,
quell'uomo ha mostrato di avere delle intenzioni ambigue. Ho sempre
avuto la certezza che la mia presenza era del tutto inutile, in
quanto quel lavoro non era un lavoro come gli altri. Negli altri
posti la badante sta con la persona anziana, e basta. E si occupa
di tutto. Invece lì con l'anziano ci stava E. P., ci dormiva
lui, lo vestiva e lo imboccava lui, veniva una signora italiana
per lavarlo, venivano due infermieri per curarlo, il mangiare lo
preparava la moglie per tutti.
Quindi la badante non serviva per l'anziano?
Assolutamente no, per quello che ho potuto
vedere, e che ho subito, sono certa nel potere dire che questo E.
P. cerca le badanti per suo uso personale e non per accudire il
padre, e che la sua condotta era certamente premeditata.
C'è qualche altro episodio che conferma
che quest'uomo avesse brutte intenzioni?
Certamente! Dopo il mio ritorno in Polonia,
E. P. ha voluto una seconda persona, che dormisse nella stanza col
padre di notte, si è rivolto a Marco il quale gli ha affidato
una Renata che lavorava da lui. Dopo solo un giorno E. P. l'ha riportata
indietro, dicendo che Renata non aveva la forza per sorreggere il
padre. Ma Renata è molto più alta e forte di me (io
sono alta 150 cm e peso 40 kg), Renata lavora con i muratori in
casa di Marco, solleva e scarica i sacchi di cemento, i blocchi
di pietra, impasta il calcestruzzo. Però Renata ha 40 anni,
ne dimostra 50, non ha denti, ha gli occhi storti, cammina storto,
è assai bruttina.
Quindi l'ha buttata fuori perché
non era gradita fisicamente, non perchè era debole?
Sicuramente sì. E quando E. P. ha riportato
al mittente Renata, ha visto Emilia che lavorava con i muratori,
22 anni, bella, bionda, abbronzata, in pantaloncini. E ha detto
a Marco "mizzica! questa mi dovevi dare". E questi gli
ha risposto educatamente che gli ha dato Renata perchè la
riteneva più adatta per stare con un vecchio ammalato.
Da chi ha saputo queste cose?
Da Marco, da Emilia. Una delle volte che E.
P. ha telefonato da me in Polonia, per chiedermi di tornare, mi
ha raccontato di questa Renata, e di averla mandata via perché
era senza denti.
E la moglie o convivente che sia, che ruolo
aveva?
E' molto strano il ruolo della moglie, in tutta
questa vicenda. Infatti dopo la violenza, la signora S. F. è
diventata stranamente più gentile con me. Mi ha fatto dei
regalini, mi ha portata in giro con la sua automobile, faceva di
tutto per essere mia amica. Sembrava quindi che sapesse tutto e
volesse evitare al suo uomo le conseguenze di quello che aveva fatto.
Come si sente lei adesso, come affronta
la vita?
Dopo questi avvenimenti, ho perso la fiducia
in tutti, ho paura degli uomini, ho paura di lavorare. Credo che
non riuscirò più a fare il lavoro di badante, a stare
in una casa in cui può entrare qualche uomo. Non riesco a
mangiare, se mangio mi viene il vomito, sono molto dimagrita dopo
questa disavventura. Ho anche tentato il suicidio, mentre ero ospite
in casa di Marco, ingoiando circa 12 compresse di un farmaco che
credevo fosse per il cuore. Invece si trattava di un antiinfiammatorio,
che mi ha fatto vomitare per un giorno e mi ha bruciato lo stomaco.
Sono però stata prontamente curata dal Marco stesso, che
ha comprato tutti i farmaci necessari, e sono guarita in appena
due giorni.
Ha un desiderio da esprimere, una speranza?
Per tutto questo, per me e per le altre che
si sono trovate e possono trovarsi in queste situazioni, che possono
essere vittime di E. P. o di altri come lui, per tutte quelle che
vengono per guadagnare onestamente e che vengono trattate come prostitute,
per tutte quelle che subiscono il mio stesso trattamento e non hanno
il coraggio di denunciarlo, chiedo che venga fatta giustizia. Chiedo
che venga data una lezione a tutti quelli che sfruttano le persone
come me, che lasciano la famiglia spinte dalla miseria, che si trovano
in un Paese straniero in cui non contano nulla, in cui nessuno le
aiuta, che vengono tenute in una condizione di quasi schiavitù,
a lavorare in nero con un misero stipendio, pretendendo da noi,
compreso in questo misero stipendio, il nostro corpo, oltre alla
nostra libertà.
Intervista a cura di Carlo
Ruta [sos.barbara@tiscali.it]
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