ZEN E INCUDINE di Barbara Proni
Con le Poesie di Svendborg del 1939, di cui
questo testo fa parte, composte durante il quasi ventennale esilio,
Brecht, comunista dal 1930, condanna ferocemente l'insensatezza
della storia e le aberrazioni perpetrate dal nazismo. La parabola
di Buddha sulla casa in fiamme, come un koan oscura e semplice al
tempo stesso, riporta alla mente il piccolo racconto zen che narra
di un saggio che indicava la luna con un dito, e lo stolto si soffermò
a guardare il dito stesso senza scorgere la luna... Confusione di
fine e mezzi. Le tracce lasciate dai maestri (veri o falsi) non
sono che testimonianza, non la Via. Le risposte (ammesso che ve
ne siano) sono prima delle domande e prescindono da esse, e i fatti
superano le idee. C'è poco da dire e poco da capire, la realtà
è, e i pensieri che con fragili lacci tentano di racchiuderla
finiscono per legare le sole menti. Che si abbia il coraggio di
accoglierla in verità, nuda, bella e terribile, di lasciarsi
andare alla sua comprensione, facendosi piccoli per essere grandi,
facendosi ignoranti per arrivare alla conoscenza immediata. Per
poi, svegli, totalmente calati in essa, qui e ora, agire in autonomia
di coscienza, seguendo solo urgentemente Necessità, cuore
e (ora sì che sono chiamate in gioco!) le proprie idee.
LA PARABOLA DI BUDDHA SULLA CASA IN FIAMME
Gotama, il Buddha, insegnava
la dottrina della Ruota dei Desideri, cui siamo legati, e ammoniva
di spogliarsi d'ogni passione e così
senza brame entrare nel nulla, che chiamava Nirvana.
Un giorno allora i suoi discepoli gli chiesero:
"Com'è questo Nulla, Maestro? Noi tutti vorremmo
liberarci da ogni passione, come ammonisci; ma spiegaci
se questo Nulla in cui noi entreremo
è qualcosa di simile a quella unità col creato
di quando si è immersi nell'acqua, al meriggio, col corpo
leggero
quasi senza pensiero, pigri nell'acqua; o quando nel sonno si cade
sapendo appena di avvolgersi nella coperta
e subito affondando; se questo Nulla dunque
è così, lieto, un buon Nulla, o se invece quel tuo
Nulla è soltanto un nulla, vuoto, freddo, senza significato".
A lungo tacque il Buddha, poi disse con indifferenza:
"Non c'è, alla vostra domanda, nessuna risposta".
Ma a sera, quando furono partiti,
sedette ancora sotto l'albero del pane il Buddha e disse agli altri,
a coloro che nulla avevano chiesto, questa parabola:
"Non molto tempo fa vidi una casa. Bruciava. Il tetto
era lambito dalle fiamme. Mi avvicinai e m'avvidi
che c'era ancora gente, là dentro. Dalla soglia
li chiamai, ché ardeva il tetto, incitandoli
a uscire, e presto. Ma quelli
parevano non aver fretta. Uno mi chiese,
mentre la vampa già gli strinava le sopracciglia,
che tempo facesse, se non piovesse per caso,
se non tirasse vento, se un'altra casa ci fosse,
e così via. Senza dare risposta
uscii di là. Quella gente, pensai,
deve bruciare prima di smettere con le domande. Amici, davvero,
a chi sotto i piedi la terra non gli brucia al punto che paia
meglio qualunque cosa piuttosto che rimanere, a colui
io non ho nulla da dire". Così Gotama, il Buddha.
Ma anche noi, che non più ci occupiamo dell'arte della pazienza
ma piuttosto dell'arte dell'impazienza, noi che tante proposte
di natura terrena formuliamo, gli uomini scongiurando
a scuoter da sé i propri carnefici dal viso d'uomo, pensiamo
che a quanti,
di fronte ai bombardieri del capitale, già in volo, domandano
e troppo a lungo, che ne pensiamo, come immaginiamo il futuro,
e che ne sarà dei loro salvadanai e calzoni della domenica,
dopo tanto
sconvolgimento,
noi non molto abbiamo da dire.
Bertolt Brecht (da Poesie di Svendborg)
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